Lettere di uno sconosciuto, l’incapacità di riconoscere il passato recente

A ritmo di passi di danza, i fucili in mano alle fanciulle della scuola di ballo volteggiano per la sala, durante le prove per il prossimo spettacolo, “The red Detachment of women”, che ha il sapore di una parata militare piuttosto che di un’esibizione artistica. Dan Dan (Huiwen Zhang) è una di queste bambine ed ambisce con decisione al ruolo principale. A casa, sua madre Yu (Gong Li) riceve dagli ufficiali di polizia una notizia sconcertante: suo marito Lu Yanshi (Dao Ming Chen), prigioniero di Stato a causa della sua opposizione ai dettami della Rivoluzione Culturale e di Mao Tse-Tung, è fuggito di prigione. Dal viso di Dan Dan, plasmata dalle regole ferree del partito, si percepisce un sentimento di ostilità nei confronti del padre, col quale ha trascorso pochissimo tempo della sua vita.

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Yu invece è sconvolta dalla notizia, nonostante non abbia contatti con Lu da almeno dieci anni. Ma Lu è un nemico del partito. Dan Dan condivide il pensiero. Yu è confusa. L’incontro con il marito non tarderà ad arrivare, poiché egli, nascondendosi nell’oscurità, con vestiti sporchi e sopravvivendo soltanto con qualche sporadico pezzo di pane, riuscirà a giungere alla dimora di Yu. Il continuo bussare fa sobbalzare la donna, che, a metà tra la paura di vedere il suo lontano marito e quella invece delle conseguenze che sarebbero potute scaturire dall’apertura di quella porta, non reagisce, rimanendo immobile ad ascoltare i colpi leggeri della mano che batte. Rinuncia. E prima di fuggire nell’oscurità da cui è arrivato, le lascia un biglietto sotto la porta, in cui vi è indicato il luogo del prossimo incontro tra i due. Un incontro, alla stazione ferroviaria, che vedrà coinvolti non solo i due protagonisti ma anche l’intervento della polizia che dividerà marito e moglie per tre lunghi anni. Ma anche per sempre. Al suo ritorno, egli ritroverà una Yu stravolta dai fatti, stanca e diversa, una Yu che ha perso la memoria durante gli ultimi tre anni, fermando la sua vita nel periodo che segna la fine della Rivoluzione Culturale, la quale però vive ancora nella sua mente. Un periodo in cui crede ancora che sua figlia frequenti la scuola di danza e in cui attende suo marito ogni 5 maggio alla stazione. Ma Lu sarà lì presente, irriconoscibile agli occhi della moglie.

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Come di consueto, il maestro Zhang Yimou parla di Cina, stavolta con Lettere di uno sconosciuto si sofferma sul periodo della Rivoluzione Culturale propugnata da Mao nei confronti della corrente controriformista di Deng Xiaoping. Gong li, fedele compagna artistica di Yimou dai tempi di Lanterne rosse, ha il compito indiretto di descrivere gli effetti di tale momento storico, mostrandoceli concretamente sulla pelle di Yu. Precisamente le conseguenze che la sua memoria subirà. Di pari importanza ed intensità sarà il colpo che dovrà sopportare Lu, nel rivedere una moglie dopo una ingiusta e tormentata prigionia, ma che lo tratta come fosse un perfetto sconosciuto. Yu adesso è una madre che aspetta soltanto l’arrivo del marito alla stazione, in un eterno ritorno che non diverrà mai realtà e mai giungerà ad una vera conclusione. È come se Yu fosse bloccata all’interno di quel drammatico momento storico, dal quale riceverà soltanto contraccolpi fisici e psicologici, sebbene inconsciamente, poiché il mondo che ella vive è il mondo reale e presente. Stanca e sconvolta mentre rimette apposto le stanze di casa sua o durante la preparazione del pranzo, Gong Li ci dona un personaggio soggetto di attacchi a livello interiore talmente devastanti da parte della politica estrema di Mao da non accorgersene nemmeno. E noi che guardiamo lo schermo, inermi, osserviamo i movimenti di lei, le sue azioni, spesso vane e vuote di profonda concretizzazione. Di primaria importanza sono gli sguardi, sui quali Yimou concentra spesso l’attenzione, che grazie ad un notevole uso dello zoom ci vengono spinti di fronte, quasi come fossero schiaffi di malinconica verità. Quei volti di Yu, inconsapevolmente fiacca, di Gong Li, debilitata, quasi disorientata, sono una coerente fotografia di quel che è successo, dell’effetto di spaesamento che la Rivoluzione ha comportato sia negli occhi degli estranei, come noi, che nelle stesse anime e negli stessi corpi dei diretti interessati. Percepiamo quindi l’attesa, la disillusione, lo smarrimento dei personaggi, grazie non solo ad un eccezionale interpretazione di Li, ma notevole plauso artistico va anche a Dao Ming Chen, ossia Lu Yanshi, sulla cui carne verrà riverberato il dramma di Yu, la mancanza di un passato senza la cui presenza è impossibile costruire solide fondamenta per il presente.

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Dopo il massacro di Nanchino (I fiori della guerra), il maestro Yimou ci offre quindi un altro spaccato della tormentata storia della Cina, spingendoci a ricordare un passato che Yu non è in grado di fare, incapace di riconoscere l’uomo che ha di fronte, logorata internamente, lontana dalla vera realtà. Ciò che non può fare Yu è di competenza dell’interlocutore che l’ascolta, non tanto Lu quanto lo spettatore stesso, il quale conosce sia il presente sia il passato della donna. La memoria di Yu è ferma nel tempo, come immobile e vivida è l’esperienza, e con essa il trauma, del periodo della Rivoluzione Culturale.

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