Kokuriko-zaka kara (“La collina di papaveri”) : Amore e Guerra , Progresso e Natura secondo Gorō Miyazaki

Dal Giappone con amore è arrivato anche in Italia l’ultima fatica di Gorō Miyazaki: “La Collina di Papaveri”. Dimenticatevi le ambientazioni fantastiche de “I racconti di Terramare” e tornate sul pianeta terra nell’anno 1963, quando il paese del sol levante si stava preparando per le imminenti Olimpiadi, cercando di riprendersi dal disastro della bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki e dalla più recente Guerra di Corea. Questi due eventi, anche se lasciati sullo sfondo, il primo mai nominato addirittura, sono palpabili, perfettamente percepibili, come se da un momento all’altro potesse accadere qualcosa di orribile. Difatti qualcosa accade, non nel macro, ma nel micro mondo della dolce Umi Matsuzaki, una ragazzina di 16 anni orfana di padre (capitano di una nave andata a fondo durante la Guerra di Corea). Angelo del focolare e aiutante preziosa nella gestione dell’ostello di famiglia, Umi aspetta. Aspetta il padre che non farà mai ritorno, alzando ogni mattina le bandiere che dovrebbero guidarlo a casa; aspetta la madre, professoressa andata in America per motivi di studio. Aspetta l’ora di alzarsi, di preparare la colazione al resto della famiglia, d’andare a scuola, di tornare a casa e di nuovo quella di preparare la cena. Vive ogni giorno ripetendo la sua rassicurante routine, senza sapere che ciò che sta aspettando passa ogni mattina davanti a casa sua. Shun Kazama, un altro ragazzino di 17 anni, viene accompagnato al porto ogni mattina dal rimorchiatore guidato dal padre adottivo per poi andare a scuola in bicicletta. I due si incontrano, fanno amicizia, si innamorano e scoprono di essere fratello e sorella. Bel dramma per un’adolescente che ha incontrato il primo amore. Ma come ogni dramma che si rispetti i conflitti di cuore vanno superati in favore di una causa più grande: Per rendere più bella la città di Tokyo e dintorni (la storia si svolge a Yokohama) il “Quartier Latin”, catapecchia adibita a sede dei club studenteschi, deve essere abbattuto in favore di una costruzione nuova di pacca. Il 20% degli studenti è contrario e lotta contro la distruzione di quell’edificio storico in quanto, come di che Shun durante un’assemblea studentesca, non è possibile pensare di costruire un futuro se si dimentica il passato (con i suoi errori/orrori).

Detto da lui, che non ha un passato, che non sa da dove viene e chi sono i suoi genitori biologici queste parole suonano molto più potenti (chi può apprezzare l’importanza del passato quanto qualcuno che non conosce il suo?). Mossa da questo incontro e dalla passione vista negli occhi di tutti i ragazzi del “Quartier Latin” Umi abbandona un po’ la sua vita casalinga; è stanca d’aspettare e decide d’agire aiutando nella restaurazione dell’edificio, per far sorgere dalle rovine del vecchio un nuovo e più splendente mondo,costruito collettivamente da quella generazione piena di speranze nata subito dopo i disastri della guerra. A quasi due anni dalla devastazione dello Tsunami che nel marzo del 2011 colpì il Giappone, portato alla catastrofe nucleare che tutti noi conosciamo, questo film appare come un dolce incoraggiamento ad un popolo che ha sempre sofferto le scelte degli alti comandi, anche se ormai sembra essere troppo tardi. La collina di papaveri nominata nel titolo non si vede mai: c’è una collina ma non sembrano esserci papaveri, coperti dal cemento del progresso, il quale incurante di ciò che c’era prima chiede di fare bella una Tokyo sporca e decadente, dove non ci sono papaveri.