Sorseggiare di gran gusto una birra ghiacciata, domare un toro scatenato davanti ad un anfiteatro di persone, finire col momento passionale amoroso. Giornata tipo e ideale di un rozzo texano come Ron Woodroof, uno di quegli uomini duri che si fa i soldi col sudore della fronte. Col sudore, perché deve correre ogni volta che perde una scommessa, giocata con i soldi delle persone che lo stanno inseguendo. Truffatore. Ecco una iniziale mappatura del nostro protagonista: sesso, droga e alcool. Texas anni ‘80, Ron è vittima di una gravissima malattia mortale, l’HIV. A causa della sua personalità omofoba si oppone immediatamente alla diagnosi postagli dal medico, il quale gli prospetta addirittura una morte prematura entro 30 giorni. Dopo però un attenta ricerca in biblioteca scopre però che l’HIV può essere contratta pure attraverso le droghe e il sesso non protetto. Colpito nel virile orgoglio da forte uomo da rodeo, capisce che non è solo una malattia confinata al mondo omosessuale, come precedentemente pensava. L’ospedale lo prende in cura, ma non gli concede la somministrazione di AZT, il farmaco usato per combattere l’AIDS che ormai pervade il suo corpo. Ma Ron corrompe un infermiere che glielo procura, in cambio di denaro. La cosa non gli giova: l’assunzione di AZT preso di sottobanco, senza conoscere una dose precisa, accompagnato da una massiccia quantità di alcool gli provoca un collasso che lo riporta immediatamente all’ospedale. Dopo aver saputo che in Messico vive un traffico di farmaci non riconosciuti dalle case farmaceutiche degli Stati Uniti, tra cui l’AZT, Ron si reca sul posto con la speranza di recuperarne una scorta per sé. Scopre, tuttavia, da un medico che il farmaco che cerca è dannoso, quindi gli consiglia un’altra cura. Ron sopravvive ai 30 giorni prescritti dal primo medico. Soddisfatto di tutto ciò, decide di fondare una società insieme ad un transgender, Rayon, conosciuto all’ospedale nel momento del ricovero. Tra i due non si instaura inizialmente un buon rapporto, ma la collaborazione da il via al Dallas Buyers Club. Le azioni del nuovo business della coppia Ron-Rayon collide, però, con gli affari della FDA e delle case farmaceutiche statunitensi.
Come si può notare, i temi trattati dal film sono caldi, attuali e molto forti. Il fatto che le case farmaceutiche non vogliano approvare certi tipi di farmaci, per ignoti motivi, crea in noi un senso di disorientamento e di dubbio nei confronti di queste ultime. Sentimento che prova Ron, interpretato da Matthew McConaughey in una maniera così realistica da indurci a pensare che cosa potremmo fare noi al suo posto, a vestire i suoi panni di malato per un momento, ritornando in noi stessi poi con una sorta di angoscia in corpo. Durante il film assistiamo ad una grande evoluzione morale, in senso ascendente, del nostro protagonista, dal rude texano quale lo vediamo nelle prime scene Ron si trasforma gradualmente, grazie soprattutto al socio e amico omosessuale Rayon. Siamo spettatori ad una scalata dantesca dalle pendici del vizio e del degrado fino ad arrivare alla cima della moralità. Entriamo nel mondo texano del Ron iniziale con rapidità grazie a scene veloci, che raccontano la frenetica vita di quest’ultimo, e tramite inquadrature di pochi secondi che rimangono impresse nella mente, per poi passare ad un’andatura registica più calma, come lo stato emotivo del protagonista che col progredire del film perde parte della sua aggressività mascolina sostituendola con una aperta a nuovi orizzonti e più umani rapporti interpersonali che prima non avrebbe nemmeno immaginato. Particolari alcuni momenti in cui il fade out dei suoni, canzoni e dialoghi in una determinata scena da spazio all’ingresso di un suono acuto, quale testimonianza dei disturbi e tormenti fisici che attaccano Ron, come se un silenzio quasi assordante ci invitasse ad essere partecipi degli stessi dolori del protagonista.
L’intenso ed impegnativo lungometraggio di Jean-Marc Vallèe gli consente di aggiudicarsi prestigiosi riconoscimenti e premi cinematografici, tra cui due Golden Globes che vanno a Matthew McConaughey (Miglior attore in un film drammatico) e Jared Leto (Miglior attore non protagonista) per le loro interpretazioni limpide e genuine. Da notare come i due attori principali abbiano dato mente e corpo per questo film, soprattutto corpo, visto che entrambi hanno perso numerosi chili per recitare le rispettive parti al meglio che potevano; inoltre, si sono saputi ben organizzare in termini di tempo, dati i vari impegni di ognuno di loro, cinematografici per McConaughey e musicali per Leto (leader della band 30 Seconds to Mars). E’ sicuramente un film che darà del filo da torcere ai concorrenti per le premiazioni degli Oscar.